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Umanesimo e rinascimento

di Pietro Gavagnin

Caratteristica del periodo Umanistico Rinascimentale è il mettere l’uomo al centro dell’universo. Nella riflessione audio proposta si vuole sottolineare questo aspetto ritenuto fondamentale anche in vista della prossima nascita della scienza.

…e gli uomini se ne vanno ad ammirare gli alti monti e i grandi flutti del mare e i larghi letti dei fiumi e l’immensità dell’oceano e il corso delle stelle; e trascurano se stessi. (Agostino, Confessioni)

Per seguire meglio la lezione scarica qui  “La scuola di Atene”

Certezza e verità. Cartesio e il senso comune

a cura di P. Gavagnin

Infatti, poiché ora mi è noto che gli stessi corpi non sono percepiti propriamente dai sensi, o dalla facoltà dell’immaginazione, ma rappresentati dal solo intelletto, e non vengono percepiti per il fatto che sono toccati o veduti, ma soltanto per il fatto che sono compresi, conosco apertamente che nulla può essere rappresentato da me in maniera più facile ed evidente della mia mente.
CARTESIO, Meditazioni Metafisiche, 2

Schopenhauer

di Pietro Gavagnin

(…)
Vecchierel bianco, infermo,
Mezzo vestito e scalzo,
Con gravissimo fascio in su le spalle,
Per montagna e per valle,
Per sassi acuti, ed alta rena, e fratte,
Al vento, alla tempesta, e quando avvampa
L’ora, e quando poi gela,
Corre via, corre, anela,
Varca torrenti e stagni,
Cade, risorge, e più e più s’affretta,
Senza posa o ristoro,
Lacero, sanguinoso; infin ch’arriva
Colà dove la via
E dove il tanto affaticar fu volto:
Abisso orrido, immenso,
Ov’ei precipitando, il tutto obblia.
Vergine luna, tale
E’ la vita mortale.
(…)
O forse erra dal vero,
Mirando all’altrui sorte, il mio pensiero:
Forse in qual forma, in quale
Stato che sia, dentro covile o cuna,
E’ funesto a chi nasce il dì natale.

da G.LEOPARDI, Canto notturno di un pastore errante dell’Asia

Nietzsche e il dionisiaco

di Pietro Gavagnin

Arrivato nella città più vicina, che sorgeva ai margini della foresta, Zarathustra vi trovò una gran folla radunata sulla piazza dei mercato: perché avevano detto che si sarebbe visto un uomo camminare sulla corda. E Zarathustra così parlò alla folla:

Io vi insegno il superuomo. L’uomo è qualcosa che deve essere superato. Che cosa avete fatto voi per superarlo?
Tutti gli esseri hanno finora creato qualcosa al di sopra di se stessi: e voi volete essere il riflusso di questo grande flusso e tornare piuttosto all’animale che superare l’uomo?
Che cos’è la scimmia per l’uomo? Una risata o una dolorosa vergogna. E proprio ciò dev’essere l’uomo per il superuomo: una risata o una dolorosa vergogna.
Voi avete fatto la strada dal verme all’uomo, e molto c’è ancora in voi del verme. Una volta eravate scimmie, e ancora adesso l’uomo è più scimmia di qualunque scimmia.
Ma anche colui che è più saggio tra voi, non è che un dissidio, un essere ibrido fra la pianta e lo spettro. Ma vi ordino io di diventare spettri o piante?
Vedete, io vi insegno il superuomo!
Il superuomo è il senso della terra. La vostra volontà dica: sia il superuomo il senso della terra!
Vi scongiuro, fratelli, rimanete fedeli alla terra e non credete a quelli che vi parlano di speranze ultraterrene! Essi sono degli avvelenatori, che lo sappiano o no.
Sono spregiatori della vita, moribondi ed essi stessi avvelenati, dei quali la terra è stanca: se ne vadano pure!

da F. Nietzsche :Così parlò Zarathustra: Prefazione, §§3- 4; Della virtù che dona

Memoria della mancanza

a cura di Ruggero Zanin e Pietro Gavagnin
da “Rivista Orale di Filosofie, arti e scienze” a cura di Nemus
La smemoratezza è caratteristica peculiare del nostro tempo, che nulla riesce a trattenere. Eppure questa è l’età che ha saputo costruire memorie artificiali capaci di conservare un numero pressoché infinito di dati.
Il vuoto, la mancanza di cui permane il ricordo, è per la memoria ciò che il silenzio è per la musica: la condizione stessa del suo essere.

L’anarchismo

a cura di Francesca

Il maggior rappresentante del movimento anarchico internazionale nell’Ottocento e, allo stesso tempo, il primo agitatore che cercò di dare una giustificazione teorica alla sua azione rivoluzionaria è stato Michail Bakunin, nato in Russia (a Tver, l’odierna Kalinin) da nobile famiglia il 30 maggio 1814 e morto il 1° luglio 1876.

Il principio più saldo di tutti

a cura di Pietro Gavagnin

E il principio più saldo di tutti è quello a proposito del quale è impossibile cadere in errore, giacché esso è necessariamente quello che è il più noto (tutti, infatti, cadono in errore su quelle cose che non conoscono) e che non è fondato su ipotesi. Difatti un principio che deve essere necessariamente posseduto perché si possa comprendere qualsivoglia delle cose esistenti, non può essere affatto un’ipotesi; e ciò che si deve conoscere qualora si intenda conoscere qualsiasi altra cosa, non può non essere posseduto prima di ogni altra conoscenza. È chiaro, dunque, che solo un siffatto principio è il più saldo di tutti; ma, ciò premesso, accingiamoci a dire quale esso sia. Esso è il seguente: è impossibile che il medesimo attributo, nel medesimo tempo, appartenga e non appartenga al medesimo oggetto e nella medesima relazione (e si considerino già giunte tutte le altre determinazioni che si potrebbero aggiungere per ribattere le obiezioni di carattere logico); appunto questo è il più saldo di tutti i principi, perché possiede la determinazione che noi abbiamo enunciata. È impossibile, infatti supporre che la medesima cosa sia e non-sia, come certuni credono che, invece, sostenga Eraclito. Può anche capitare, infatti, che uno non sia pienamente convinto di quello che dice; e se non è possibile che attributi contrari appartengano simultaneamente ad una medesima cosa (e si considerino aggiunte da noi, anche in riferimento a questa premessa, tutte quelle determinazioni che di solito vanno aggiunte) e se l’opinione che è in contraddizione con un’altra opinione è contraria a quest’ultima, risulta allora evidentemente impossibile che la medesima cosa sia e non-sia, giacché, in tal caso, colui che cadesse in questo errore avrebbe nel medesimo tempo due opinioni contrarie. Ecco perché chiunque intenda produrre una dimostrazione la fonda, in ultima istanza, su questa convinzione, giacché questa è, per sua natura, anche la base su cui poggiano tutti quanti gli assiomi.
Aristotele, Metafisica, trad. di A. Russo, Laterza, Roma – Bari, 1982, pp. 94-98.